Poesie di Antonio Spagnuolo

Da: Sottovoce

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“Spirali”

Sarà la notte ad acquietare tutte le indecisioni,
le tregue scatenate dei fulmini, delle nubi,
sarà l’estrema danza delle illusioni clandestine,
quando altro Dio vorrà lenire i cristalli
che hanno linguaggi ed appartengono al dubbio.
Ogni scoria della tua anima, bianco chiarore,
nomina l’impervia protesta, grano di polvere,
così ogni cifra offre alle tempie un ritorno
o scalza morbidi tremori nel lancinante incanto,
verso il candore di un dolce ritornello,
Tendo sottili venature per lacerare il cervello
annegando pigramente nel presagio
di spirali che riverbera il velluto
ed essere esplosione di preghiere.
*

“Fiaba”

Il preludio sorprende ogni verso,
rincorrendo i colori di un arcobaleno
tra le note del tramonto: illusione di fuochi
che tra i piedi e le mani avemmo in vortici del senso.
Le tue braccia una fiaba senza fine,
una fiaba incisa tra le mura, ogni mattina,
che poteva squarciare l’ attesa
nelle armonie dei silenzi.
Il raggio del respiro era negli occhi,
nelle palpebre appena socchiuse dal risveglio
inquiete o illuse di stanare nuove immagini.
Grido sul foglio gli abbandoni del tuo corpo
ora che solo un lamento mi risveglia.
*

“Lacrima”

Prigioniero di uno strano vortice
ripeto a vuoto insensati segnali
scrutando ogni inquieto mistero del tempo
adagiando momenti in cui avvampa il tuo gesto
tenera chimera di una volta.
Riprende in questo consumarsi delle ore
la lacrima segreta, dentro le fibre
della tarda essenza che lievita nell’ombra.
Ho provato a pregare, celeste inflorescenza del pensiero,
per rilegare i brandelli della nostra storia
in cerca di quel segno che abbandona la notte.
Ormai l’attesa è l’inquieta parola dell’addio.
*

“Sabato”

Sabato
di nuovo si ribella la barriera delle ore,
che inseguimmo sino a ricadere nell’oro
fuso,
cantando angoli di strade in penombra
mentre rispondeva il clamore della sera.
Ogni tessuto cede alle foglie ingiallite
per rinnovare il sogno nato dalla terra,
sostanza ed energia nel raggio breve
chiamato angoscia.
Percorro le tue minuscole letizie
per sottili cammini di sangue,
e cerco il suono limpido delle dita
per il fugace sentiero delle palpebre,
oggi che la tua bocca ha silenzio infinito.
*

Per Mario Luzi

Le siepi indifferenti al sole
perdono vigore ed il verde si stinge
dove inclina il tuo procedere incauto,
per millenni di pura illusione.
Ti appigli alla parola
senza nulla sperare:
non una preda della luce serpentina,
ma per gli innumerevoli passi
che risalgono a fatica.
Al primo vento abbandoni le memorie,
ormai che ogni verso è consumato
e le pagine sono gialle del tempo.
Non tieni uniti i tuoi pensieri
stretti nel cerchio di un fiamma incerta,
preda di quelle furie che ci annullano:
vecchiezza e morte hanno corroso meningi
distruggendo ogni inquietudine,
ed il sussurro non riesce a schiarire.
Mi tenta ancora una strada sconosciuta
dove il sogno svapora e la lucerna
ha il tremore della solitudine.
*

“Sussurro”

L’assurdo poema del sognare
ha raffiche di vento, dal profondo sospetto
del nulla, che il ventre apre al sussurro.
Smisurata presenza quella sfida violenta
che incatena l’ultimo precipizio
agli assalti dell’eterno.
Ed eterno è il mio urlo,
quando disperdo le immagini del tuo volto
tra le carte da macero, nel vecchio legno
della scrivania, ormai spoglia
di ogni ricordo, di ogni dolcezza.
La finestra ha specchi di follia
a spiare clandestina
le scorie delle righe del tuo sguardo
o l’incantesimo perduto e consunto
di girandole concluse nell’ultimo colore.
Il mio pianto logora l’affanno:
inutile fantasia che blandisce le veglie,
muta ogni parola come il sogno
che smarrisce le nuvole e ormai incide
nel suo segreto le rughe.
Nel timore evoca gli spettri di improvvise avvisaglie,
e nel tremito ha il battito dell’insopportabile urlo
del demente.
Spengo negli occhi anche i ricordi,
l’unica inquietudine che ha donato
un spina alla temeraria fede
sull’orlo dell’arpa affidata alle meraviglie
*

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